L’anno che verrà

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C’è un’immagine che spiega più di un milione di parole, il momento attuale dell’Unione Sportiva Livorno: al triplice fischio finale, i ragazzi di amaranto vestiti hanno festeggiato la vittoria come se avessero appena conquistato una coppa o il primo posto matematico nel girone.

Braccia levate verso il cielo e grida di giubilo per aver portato a casa un 1-0 stentato contro l’Orvietana, formazione pericolante che peraltro, ha concluso la partita in inferiorità numerica.

Che cosa ci dice questa istantanea dal Picchi? Ci racconta di una squadra alla perenne ricerca di se stessa, preda del nervosismo e con le gambe tremanti. Di ragazzi che hanno smarrito la sicurezza, che dovrebbe essere propria di un gruppo costruito per vincere e che invece sta lottando per non essere estromesso dal giro che conta, prima che termini l’anno solare.

La responsabilità di tale scempio è da attribuire senza alcun dubbio all’area tecnica ed in particolare all’allenatore Favarin, colui che nelle aspettative del patron Esciua avrebbe dovuto guidare una Ferrari verso il trionfo ed invece si ritrova a metà percorso, con il motore ingolfato ed il serbatoio in riserva.

Siamo arrivati al punto che prima di ogni partita, il tifoso amaranto attende la diramazione della formazione ufficiale con il terrore di scoprire le novità di giornata. Chi sarà il portiere tra i tre disponibili? Chi ci sarà in difesa? Giocheremo a 4 o a 3? Luci o Tanasa? E sulle fasce? Quali quote saranno schierate, ma soprattutto perché? In avanti avremo il tridente pesante, leggero, il falso nueve o nessuna di queste opzioni?

Ci vengono in mente alcune perle a mo’ di esempio, ma sono solo alcune in un mare di possibili scelte: Ciobanu, terzo portiere miracoloso uscito dal cilindro a San Giovanni, sparito dalla circolazione nelle successive due gare, a favore prima di Albieri e poi di Biagini, tirato fuori dalla formalina quest’oggi dopo settimane di oblio. Come dimenticare il tatuato Bassini incaricato di battere i corner? Oppure Bellini schierato quinto di centrocampo, così come Ferraro buttato sul rettangolo verde contro il Ghiviborgo, titolare al posto di Nardi, e poi dimenticato da qualche parte tra tribuna e panchina.

Qualcuno è certo che il clima da roulette russa che si respira ogni domenica non sia trasmesso anche alla squadra? Siamo davvero sicuri che questa rotazione incomprensibile di uomini, schemi e ruoli, porti certezze ai ragazzi in campo e fluidità di gioco e di pensiero?

Noi siamo convinti che Favarin abbia lui per primo smarrito la bussola (se mai ne ha avuta una) e di conseguenza stia facendo più che altro confusione. Le evidenze sono sotto gli occhi di tutti. Il Livorno è una squadra senza capo né coda. Non sa attaccare e non sa difendere. Non palleggia, non morde le caviglie avversarie, non gioca sulle fasce e non va mai per vie centrali, non sfrutta il centrocampo e serve i suoi uomini migliori con lanci di 50 metri.

La vittoria di quest’oggi è frutto del caso, goal di Cesarini e stop. Prima e dopo, una trama di rinvii senza alcun senso e sostituzioni che hanno aumentato la sensazione di freddo sugli spalti. Nel Livorno non funziona niente. Abbiamo rischiato di buttare i tre punti nel cestino anche oggi che affrontavamo, in casa, una squadra imbarazzante, venuta al Picchi col solo intento di strappare un punto e che si è trovata sotto dopo appena venti minuti.

Non sappiamo neanche sfruttare le situazioni tattiche più semplici, non sappiamo imbastire un contropiede, nessuno che abbia in mente lo straccio di un’idea a cui aggrapparsi. Non siamo riusciti a chiudere una partita, che alla fine ha riservato la consueta dose di patemi agli eroici innamorati presenti sui gradoni.

Siamo a dicembre, è finito il girone di andata e noi auspichiamo che sia finito anche il tempo di Favarin a Livorno. Sei mesi sono sufficienti per stabilire se un allenatore è quello giusto per Livorno e il pisano non lo è. Siamo a quattro punti dalla Pianese, il campionato più facile degli ultimi 300 anni è ancora aperto.

Chi guida il vapore ha l’obbligo di provarci, perché quest’anno non c’è l’Arezzo che fa il vuoto. Avremmo dovuto esserci noi, ma poi ci hanno portato Pinzani e Favarin e siamo arrivati a Natale in piena crisi di nervi. Teniamo duro e che il 2024 sia quello della svolta.

Crediamoci. Forza Livorno.