Loris Batacchi

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Al Signor Esciua sono bastati cinque mesi per distruggere scientemente quel poco che faticosamente era stato ricostruito dopo l’uragano genovese.

Arrivato come il Salvatore della Patria dopo la breve Era Toccafondi, il broker londinese ha dispensato il suo Verbo a destra e a manca, facendo intendere di conoscere perfettamente la strada per una veloce risalita nel calcio professionistico. Uomini giusti al posto giusto, profili vincenti pescati dalle categorie superiori, fine della riconoscenza verso figure storiche ma di fatto inutili e via verso un assetto manageriale, votato al massimo rendimento col minimo sforzo.

Sembrava tutto semplice, quasi matematico, regole chiare da applicare per risolvere in un amen tutti i problemi di una società di fatto neonata.

A fare da grancassa all’uomo venuto dal Brasile tutta la stampa cittadina, mai assalita dal minimo dubbio, sempre pronta a schierarsi al fianco del corpulento presidente.

E dietro a questi giornalisti, i sedicenti tifosi veri, che subito si sono scapicollati per salire sul carro del sicuro futuro vincitore, colui che avrebbe allestito una squadra invincibile, semplicemente usufruendo del tempo per lavorare in pace, senza domande scomode, senza nessuno a chiedere spiegazioni.

Al signor Esciua è stato concesso tutto, comprese acclamazioni ed applausi senza che avesse mosso foglia ed oggi, agli inizi di novembre, ci ritroviamo settimi in classifica a sette punti dalla capolista, seppur con una partita da recuperare, però proprio con la Pianese prima in graduatoria.

Com’è possibile? Si staranno chiedendo i boccaloni su Facebook. Ci deve essere un errore! Replicheranno le pecore da tastiera. Lasciamolo lavorare ancora. Diranno coloro che essendosi sbilanciati troppo a favore del presidente, fanno una fatica tremenda a fare retromarcia, senza voler ammettere di aver sbagliato valutazioni.

E la stampa? Alla luce dei fatti, adesso lanceranno dardi infuocati verso un personaggio che in brevissimo tempo si è inimicato gran parte della piazza, a causa di scommesse azzardate (DS e allenatore), mercato improvvisato (fatto tra agosto e settembre e con qualche sconcertante rifiuto a corredo), iniziative fallimentari (campagna abbonamenti senza prezzi popolari, maglie da gioco imbarazzanti e negozio a zighe con la squadra di basket della PL), gesti eclatanti (scontro con la Curva per le bandiere palestinesi e sparizione e ricomparsa della foto della Nord dall’atrio dello stadio in circostanze poco chiare), atti infantili (la mancata stretta di mano all’arbitro a fine gara col Seravezza e il continuo battibeccare col sindaco sui comportamenti degli ultras)?

Macché. Acqua sul fuoco. La squadra è forte, basta con i gufi, il campionato è lungo, sosteniamo la società.

Vorremmo informare questi signori che i buoi sono ormai lontani e quindi la stalla è desolatamente vuota, non c’è rimasto nulla, non c’è più nemmeno un baluardo a cui aggrapparsi, nessun Igor da interpellare per riprendere morale. Lo avete visto fatto fuori senza battere ciglio, pensando che fosse sufficiente sostituirlo con una persona rispettabile, ma digiuna di calcio e fuori dalla nostra storia di sofferenza e appartenenza. Ora ci guardiamo intorno e non vediamo nessuno.

C’è solo un personaggio al timone di una barca sgangherata, un uomo livido di rancore che vede nemici dove dovrebbe vedere fratelli e parla della nostra squadra chiamandola “Prodotto”.

Pensavamo di essere caduti in basso, ma a questo punto crediamo che la discesa sia tutto fuorché finita. E la cosa che fa più male è vedere ancora persone con gli occhi foderati di prosciutto. E che nessuno tenti di rifarsi una verginità quando l’evidenza dei fatti sarà supportata dai freddi numeri della matematica, il momento per intervenire è qui e ora.

Nell’era di internet poi, non c’è più spazio per nascondersi per i voltagabbana, verba volant scripta manent.

Anni di un uomo solo al comando non ci sono bastati, banditi che si sono avvicendati in un anno banchettando sui nostri resti non ci hanno reso più attenti; è bastato come sempre un pifferaio da seguire e via tutti dietro. Troppo più facile accusare chi ha buona memoria di essere gufo, pisano, vedova di questo o di quello, troppo più facile scappare o sganciarsi quando ormai la frittata è fatta, per ricomparire in tempi migliori, con tanta acqua ormai passata sotto i ponti … sono scene già viste e riviste.

Per fortuna resiste lo zoccolo duro, resiste una Curva Nord che nonostante tutto è sempre più forte e sta tornando ad altissimi livelli, al di là delle mode e dei presidenti.

L’amaranto ha molti meno amici di quelli che pensava di avere, ma quelli che ci sono, ci saranno sempre.

Andiamo Livorno, andiamo noi.