Cammina Livorno, cammina

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Camina, guerrero, camina.
Por el sendero del dolor.
Y la alegría.

Caparezza

Sono alcune parole di una canzone di Caparezza che mi sono venute in mente ieri sera dopo una manciata di minuti dall’inizio di Livorno – Certaldo, quando il “nove” avversario, di viola vestito, ha trasformato il rigore dello 0-1. Cammina guerriero, cammina per il sentiero del dolore e dell’allegria.

Ripensandoci, è un verso che si abbina molto bene anche più in generale a quella che è la nostra storia, quella di tutti i tifosi del Livorno e della maglia per cui tifiamo.

Al termine di una settimana allucinante, nel bel mezzo della quale un arbitro inesperto e un giudice anonimo hanno deciso di prendersi un quarto d’ora di notorietà, facendo incappare in una pena fuori dal mondo sia il nostro capitano che il nostro Simbolo, ci aspetta una partita all’apparenza semplice, contro gli ultimi in classifica.

Allo stadio fa un freddo cane, un vento teso da nord est sferza la faccia, ma i 3000 che non mollano mai sono ai loro posti e scaldano l’atmosfera.

Sono giorni che tengono banco la questione tattica e le scelte dell’allenatore ed il sentire generale anche del Forum è che il Livorno debba schierare Bellazzini dietro due punte, per infoltire il centrocampo con un uomo in più, possibilmente Apolloni.

La forzata assenza del Toro contribusice al fatto che i nostri pensieri si trasformino in realtà e la formazione schierata da Buglio è esattamente quella che ognuno di noi avrebbe sottoscritto.

In realtà c’è addirittura una graditissima sorpresa: in porta, a difendere la nostra rete, torna il “Guanto amaranto” Luca Mazzoni, due anni e mezzo dopo l’ultima presenza con la nostra maglia.

Questa è l’ennesima storia che possiamo raccontare solo noi livornesi, perché soltanto nella striscia di terra che va da Antignano a Stagno, capitano vicende del genere: uomini che arrivano e s’innamorano dei nostri colori (Protti, Vitulano, Diamanti), figli di questa città che darebbero il sangue per la nostra maglia (Lucarelli, Picchi, Bonaldi).

Sono storie d’amore che restano indelebili nei ricordi di tutti e alimentano una passione che non appassisce neanche nei bassifondi del calcio dilettantistico.

Comunque inizia la partita ed è il Certaldo che sembra la capolista, presentandosi un paio di volte pericolosamente davanti a Mazzoni e poi procurandosi un rigore a causa di un non evidentissimo fallo di mano di un nostro difensore. L’attaccante avversario come già detto segna ed in tribuna i tesserati del Certaldo esultano come se la partita fosse finita e avessero vinto la Coppa del Mondo.

Purtroppo per loro mancano ancora 81 minuti più recupero.

Nel momento in cui il pallone gonfia la rete sbagliata, iniziamo a percorrere il solito sentiero del dolore. Il vento si fa più freddo ed il Livorno non carbura. Soliti lanci lunghi, poche idee, passaggi semplici sbagliati banalmente, poca pressione sugli avversari.

Si percepisce il peso della responsabilità dei nostri nell’avere la palla tra i piedi, una sorta di soggezione nel metterci quel qualcosa in più che serve se indossi la maglia amaranto in un campionato come questo.

Manca l’iniziativa, i laterali bassi sono timidi, Torromino senza Vantaggiato sembra Robin senza Batman, Bellazzini si trova imbottigliato nel traffico viola e Ferretti è un cannone con la miccia spenta.

Risultato: si chiude il primo tempo senza che il Livorno abbia mai tirato in porta. Serve un ponce per scaldarsi le viscere e serve una scossa che possa invertire la rotta in campo.

Inizia la ripresa ma il cammino verso l’allegria sembra impossibile.

I primi 10 minuti sono la fotocopia del primo tempo. I ragazzi ci mettono grinta e sudore ma questo ancora non basta. La curva decide che è venuto il momento di diventare un fattore e inizia a cantare un coro sempre più potente, che dura almeno 15 minuti.

Buglio effettua un doppio cambio, dentro Pecchia e Durante.

Cammina guerriero. Cammina.

E il Livorno riparte.

Pecchia ha l’argento vivo addosso, Durante è tarantolato. Bellazzini diventa un faro nella notte, ma colui che sblocca l’ingranaggio è Franzoni, una delle tanto chiacchierate “quote”. Spostato a sinistra ingrana la quinta e fa la prima sovrapposizione vera del campionato. Torromino lo serve di tacco e gli permette di presentarsi in area e farsi abbattere.

Rigore sacrosanto, che Bellazzini trasforma spiazzando il portiere.

Il guerriero ha estratto la sciabola ed ora quelli del Certaldo non esultano più e si rinchiudono nei pastrani, perché la serata promette pioggia e gelo.

Viene inserito anche Gelsi, che nei pensieri di noi non più bimbi da puppa ricorda molto babbo: entra in campo deciso e determinato, è fulmicotone allo stato puro.

Il Livorno spinge e dagli spalti il popolo amaranto alimenta il fuoco, soffiando forte alle spalle dei nostri ragazzi. Minuto dopo minuto il baricentro si alza ed è Ferretti di sinistro, che dopo un rimpallo in area di rigore, sigla il 2-1.
Il dolore è finito, il cammino ci ha portati all’allegria.

È festa in Curva Nord. Volano i bicchieri di birra, si corre giù per i gradoni esultando, ci si abbraccia e si pensa a Vezio in tribuna, che starà urlando al portiere “Facci la presaaaa!”.

Restano una quindicina di minuti da giocare, nei quali potremmo segnare almeno altre 2 o 3 volte. Invece si soffre, si fischia, si urla, si sfiora la sincope sui traversoni nel mucchio di quelli del Certaldo, che ora sfrecciano ovunque e le provano tutte per rovinarci la serata.

Quattro minuti di recupero dove il cuore si ferma una ventina di volte e poi la partita finisce, portando a casa la quinta vittoria su sei partite disputate.

Non praticheremo il calcio champagne di Maifredi, ma noi vinciamo quasi sempre, mentre la sua Juve faceva ridere le telline.

La squadra viene sotto la curva a ricevere l’abbraccio, ma purtroppo manca uno dei protagonisti all’appello: Bellazzini si è infatti infortunato, sembra abbia avuto un problema alla caviglia.

Buglio aveva già pronto il cambio, ma è arrivata prima la sfortuna, che da queste parti è sempre di passaggio. Proprio Bellazzini che senza Vantaggiato era diventata la pedina più importante per l’allenatore.

È di nuovo il dolore che bussa alla nostra porta e non ci abbandonerà mai.

E allora cammina, guerriero.

Cammina, Livorno, verso l’allegria.